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Periodo di lavoro maturato in un’impresa non regolarizzata
Premesso che per impresa non regolarizzata deve intendersi:
a) un’impresa mai iscritta al Registro ditte o all’Albo delle imprese artigiane, prima dell’entrata in vigore della legge n. 46/90, pur esercitando l’attività di impiantistica;
b) una impresa iscritta per altra attività (per esempio vendita di elettrodomestici), la quale esercita anche attività di impiantistica senza averla mai denunciata al Registro ditte.
E’ opportuno ricordare che l’art. 5 della legge n. 46/90 (abrogato dal 15 dicembre 1994) e il successivo art. 4 della legge n. 25/96 (non più efficace dal 21 luglio 1997) prevedevano il diritto al riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali per i titolari delle imprese già iscritte al registro ditte o all’albo delle imprese artigiane nel periodo antecedente l’entrata in vigore della legge n. 46/90.
Pertanto se per questi soggetti non è più ammissibile ottenere tale riconoscimento, a maggior ragione, non potranno beneficiare di questa disposizione le imprese mai regolarizzate, sebbene in grado di produrre idonea documentazione relativa allo svolgimento di attività pregresso.
Tuttavia, considerate le evidenti finalità di salvaguardare la professionalità comunque acquisita con l’attività lavorativa e non come discriminazioni tra lavoratori (art. 3 della Costituzione), il periodo di lavoro prestato da parte di lavoratori dipendenti all’interno di imprese non regolarizzate si ritiene possa costituire titolo idoneo per ottenere il riconoscimento dei requisiti, sempreché il richiedente sia in grado di dimostrare (con attestazioni dell’Ufficio di collocamento, fatture, ecc.) l’esercizio dell’attività svolta e il possesso dei requisiti di cui all’art. 3 della predetta legge.
Qualificazioni limitate
Possono essere riconosciute abilitazioni limitate esclusivamente alle attività indicate dalle varie lettere dell’art. 1 della legge n. 46/90, purché la limitazione sia fatta nell’ambito della declaratoria di ogni singola lettera.
Lo stesso Ministero dell’Industria (nella Circolare n. 3282/C del 30 aprile 1992, punto 2n), nel raccomandare l’utilizzo, ai fini della relativa attestazione, della terminologia usata dalla legge n. 46/90, all’art. 1, ha fatto presente che non esiste alcun impedimento, sulla base del titolo di studio posseduto e dell’attività lavorativa effettivamente svolta dal richiedente, a riconoscere in capo allo stesso il possesso dei requisiti tecnico-professionali all’esercizio di alcune soltanto delle attività indicate dalle varie lettere del citato art. 1, della legge n. 46/90.
Per quanto riguarda l’annotazione delle abilitazioni limitate nei certificati, si ritiene opportuno che risulti l’esatta corrispondenza tra l’attività denunciata e l’abilitazione limitata ottenuta. È inoltre il caso di precisare che l’eventuale estensione delle abilitazioni ad altre lettere, indipendentemente dal possesso dei requisiti di legge, non è necessaria qualora questa sia riferita a lavori strettamente attinenti all’esecuzione dell’impianto per il quale il soggetto è abilitato. In tale ipotesi non devono pertanto essere concesse ulteriori abilitazioni. È evidente quindi, per esemplificare, che un’impresa installatrice di un impianto idraulico, per provvedere alla sua alimentazione elettrica non ha bisogno dell’abilitazione di cui alla lettera a) dell’art. 1 della legge n. 46/90, qualora si tratti di una semplice connessione con un impianto elettrico già esistente.
Associazione in partecipazione
Premesso che con il contratto di associazione in partecipazione, disciplinato dall’art. 2549 cod. civ., l’apporto dell’associato può consistere anche in una prestazione lavorativa di carattere tecnico e considerato altresì che, secondo quanto stabilito dal Ministero dell’Industria con la circolare n. 3342/C del 22 giugno 1994 al punto 4E), tale contratto evidenzia un “rapporto di immedesimazione” tra il titolare dell’impresa e l’associato, si ribadisce, per l’impresa medesima, la possibilità di ottenere l’abilitazione all’esercizio dell’attività impiantistica anche secondo tale modalità. Da più parti è stato inoltre richiesto se, decorso il triennio di attività, l’associante (ossia il titolare dell’impresa) maturi anch’esso i requisiti professionali. A tale proposito – alla luce dei principi desumibili dalla legge n. 25/96 che evidenziano l’intenzione del legislatore di ampliare i requisiti previsti dall’art. 3 della legge n. 46/90 – si ritiene che questa possibilità sia ammessa a condizione che il titolare dell’impresa produca apposita dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante l’effettivo esercizio dell’attività e la regolare iscrizione INAIL nel periodo di riferimento.
Riconoscimento dei requisiti a titolari di impresa individuale,soci o amministratori di società
Coerentemente con quanto riportato al precedente punto e con le modalità ivi indicate, anche l’attività lavorativa prestata da parte del titolare, socio prestatore d’opera o amministratore di un’impresa installatrice, in presenza o meno del titolo di studio, può costituire requisito idoneo all’assunzione di responsabilità tecnica, a condizione che l’attività svolta sia formalmente riconducibile a quella propria di un operaio installatore con qualifica di specializzato, secondo quanto previsto dall’art. 3 della legge n. 46/90.
Avvio di un’attività di installazione da parte
di un soggetto iscritto all’elenco verificatori
Colui che è iscritto nell’elenco dei verificatori degli impianti nelle sezioni riservate ai periti industriali, qualora intenda esercitare attività imprenditoriale nel settore impiantistico, necessita di una specifica esperienza lavorativa di almeno un anno in qualità di lavoratore dipendente. Ciò in quanto l’attività di verificatore non è ricompresa fra i requisiti indicati all’art. 3 della legge n. 46/90.
Soggetto tenuto a richiedere il riconoscimento dei requisiti e validità
In merito alle problematiche relative all’accertamento dei requisiti, si ribadisce che il loro riconoscimento deve essere richiesto unicamente dall’ impresa (titolare o legale rappresentante) che intende iniziare una delle attività disciplinate dalla legge n. 46/90, in quanto è essa stessa che necessita dell’ abilitazione, avvalendosi a tal fine di un soggetto, legato da un “rapporto di immedesimazione” in possesso dei requisiti.
Tale richiesta va inoltrata alla Camera di Commercio nella cui circoscrizione è posta la sede principale dell’impresa, anche se l’attività di impiantistica venga esercitata in un luogo diverso dalla sede.
L’abilitazione è valida per tutto il territorio nazionale senza termine di durata, a meno che non venga meno il “rapporto di immedesimazione” tra il responsabile tecnico e l’impresa.
Lavoro part-time
L’art. 3 della legge n. 46/90, alle lettere b), c) e d), quando fa riferimento a prestazioni lavorative, usa la generica formula “previo periodo di inserimento (…) alle dirette dipendenze (…)”, senza peraltro entrare in merito alla tipologia di contratto lavorativo. Ai fini della legge in questione è da ritenere, pertanto, valido il periodo lavorativo annuale, indipendentemente dal tipo di contratto lavorativo e dal numero di ore giornaliere lavorate.
Periodo di apprendistato svolto da persona
in possesso di idoneo titolo di studio
Un soggetto in possesso di idoneo titolo di studio o attestato di formazione professionale, che abbia svolto alle dipendenze di un’impresa del settore il solo periodo di apprendistato può ottenere il riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali unicamente nelle ipotesi previste all’art. 3, lett. b) e c) della legge n. 46/90, in quanto il citato articolo esclude la validità dell’apprendistato nell’ipotesi di cui alla lett. d), sempreché l’apprendistato non risulti effettuato contemporaneamente al periodo di studio.
Periodo di lavoro con contratti di formazione-lavoro
I contratti di formazione e lavoro si caratterizzano per la circostanza che il lavoratore dipendente, oltre a prestare la propria opera, acquisisce anche una specifica formazione nell’ambito del settore nel quale tale contratto si esplica.
Gli obblighi di formazione ai quali è tenuto il datore di lavoro nei confronti del dipendente non possono però ritenersi sostitutivi o assimilabili al requisito indicato alla lettera c) dell’art. 3, della legge n. 46/90, nel quale si parla di titolo o attestato di formazione professionale rilasciato, secondo la vigente normativa in materia di formazione professionale, dai Centri autorizzati della Regione, al quale deve aggiungersi un periodo di inserimento di almeno due anni alle dipendenze di una impresa del settore.
Naturalmente il periodo di tempo lavorato con contratto di formazione lavoro vale agli effetti del calcolo del periodo lavorativo utile all’acquisizione dell’esperienza professionale con riferimento alla qualifica di uscita.

Periodo di lavoro maturato in un’impresa non regolarizzataPremesso che per impresa non regolarizzata deve intendersi:a) un’impresa mai iscritta al Registro ditte o all’Albo delle imprese artigiane, prima dell’entrata in vigore della legge n. 46/90, pur esercitando l’attività di impiantistica;b) una impresa iscritta per altra attività (per esempio vendita di elettrodomestici), la quale esercita anche attività di impiantistica senza averla mai denunciata al Registro ditte.E’ opportuno ricordare che l’art. 5 della legge n. 46/90 (abrogato dal 15 dicembre 1994) e il successivo art. 4 della legge n. 25/96 (non più efficace dal 21 luglio 1997) prevedevano il diritto al riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali per i titolari delle imprese già iscritte al registro ditte o all’albo delle imprese artigiane nel periodo antecedente l’entrata in vigore della legge n. 46/90.
Pertanto se per questi soggetti non è più ammissibile ottenere tale riconoscimento, a maggior ragione, non potranno beneficiare di questa disposizione le imprese mai regolarizzate, sebbene in grado di produrre idonea documentazione relativa allo svolgimento di attività pregresso. Tuttavia, considerate le evidenti finalità di salvaguardare la professionalità comunque acquisita con l’attività lavorativa e non come discriminazioni tra lavoratori (art. 3 della Costituzione), il periodo di lavoro prestato da parte di lavoratori dipendenti all’interno di imprese non regolarizzate si ritiene possa costituire titolo idoneo per ottenere il riconoscimento dei requisiti, sempreché il richiedente sia in grado di dimostrare (con attestazioni dell’Ufficio di collocamento, fatture, ecc.) l’esercizio dell’attività svolta e il possesso dei requisiti di cui all’art. 3 della predetta legge.
Qualificazioni limitatePossono essere riconosciute abilitazioni limitate esclusivamente alle attività indicate dalle varie lettere dell’art. 1 della legge n. 46/90, purché la limitazione sia fatta nell’ambito della declaratoria di ogni singola lettera. Lo stesso Ministero dell’Industria (nella Circolare n. 3282/C del 30 aprile 1992, punto 2n), nel raccomandare l’utilizzo, ai fini della relativa attestazione, della terminologia usata dalla legge n. 46/90, all’art. 1, ha fatto presente che non esiste alcun impedimento, sulla base del titolo di studio posseduto e dell’attività lavorativa effettivamente svolta dal richiedente, a riconoscere in capo allo stesso il possesso dei requisiti tecnico-professionali all’esercizio di alcune soltanto delle attività indicate dalle varie lettere del citato art. 1, della legge n. 46/90. Per quanto riguarda l’annotazione delle abilitazioni limitate nei certificati, si ritiene opportuno che risulti l’esatta corrispondenza tra l’attività denunciata e l’abilitazione limitata ottenuta. È inoltre il caso di precisare che l’eventuale estensione delle abilitazioni ad altre lettere, indipendentemente dal possesso dei requisiti di legge, non è necessaria qualora questa sia riferita a lavori strettamente attinenti all’esecuzione dell’impianto per il quale il soggetto è abilitato. In tale ipotesi non devono pertanto essere concesse ulteriori abilitazioni. È evidente quindi, per esemplificare, che un’impresa installatrice di un impianto idraulico, per provvedere alla sua alimentazione elettrica non ha bisogno dell’abilitazione di cui alla lettera a) dell’art. 1 della legge n. 46/90, qualora si tratti di una semplice connessione con un impianto elettrico già esistente.
Associazione in partecipazionePremesso che con il contratto di associazione in partecipazione, disciplinato dall’art. 2549 cod. civ., l’apporto dell’associato può consistere anche in una prestazione lavorativa di carattere tecnico e considerato altresì che, secondo quanto stabilito dal Ministero dell’Industria con la circolare n. 3342/C del 22 giugno 1994 al punto 4E), tale contratto evidenzia un “rapporto di immedesimazione” tra il titolare dell’impresa e l’associato, si ribadisce, per l’impresa medesima, la possibilità di ottenere l’abilitazione all’esercizio dell’attività impiantistica anche secondo tale modalità. Da più parti è stato inoltre richiesto se, decorso il triennio di attività, l’associante (ossia il titolare dell’impresa) maturi anch’esso i requisiti professionali. A tale proposito – alla luce dei principi desumibili dalla legge n. 25/96 che evidenziano l’intenzione del legislatore di ampliare i requisiti previsti dall’art. 3 della legge n. 46/90 – si ritiene che questa possibilità sia ammessa a condizione che il titolare dell’impresa produca apposita dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante l’effettivo esercizio dell’attività e la regolare iscrizione INAIL nel periodo di riferimento.
Riconoscimento dei requisiti a titolari di impresa individuale, soci o amministratori di societàCoerentemente con quanto riportato al precedente punto e con le modalità ivi indicate, anche l’attività lavorativa prestata da parte del titolare, socio prestatore d’opera o amministratore di un’impresa installatrice, in presenza o meno del titolo di studio, può costituire requisito idoneo all’assunzione di responsabilità tecnica, a condizione che l’attività svolta sia formalmente riconducibile a quella propria di un operaio installatore con qualifica di specializzato, secondo quanto previsto dall’art. 3 della legge n. 46/90.
Avvio di un’attività di installazione da parte di un soggetto iscritto all’elenco verificatoriColui che è iscritto nell’elenco dei verificatori degli impianti nelle sezioni riservate ai periti industriali, qualora intenda esercitare attività imprenditoriale nel settore impiantistico, necessita di una specifica esperienza lavorativa di almeno un anno in qualità di lavoratore dipendente. Ciò in quanto l’attività di verificatore non è ricompresa fra i requisiti indicati all’art. 3 della legge n. 46/90.
Soggetto tenuto a richiedere il riconoscimento dei requisiti e validità In merito alle problematiche relative all’accertamento dei requisiti, si ribadisce che il loro riconoscimento deve essere richiesto unicamente dall’ impresa (titolare o legale rappresentante) che intende iniziare una delle attività disciplinate dalla legge n. 46/90, in quanto è essa stessa che necessita dell’ abilitazione, avvalendosi a tal fine di un soggetto, legato da un “rapporto di immedesimazione” in possesso dei requisiti. Tale richiesta va inoltrata alla Camera di Commercio nella cui circoscrizione è posta la sede principale dell’impresa, anche se l’attività di impiantistica venga esercitata in un luogo diverso dalla sede. L’abilitazione è valida per tutto il territorio nazionale senza termine di durata, a meno che non venga meno il “rapporto di immedesimazione” tra il responsabile tecnico e l’impresa.
Lavoro part-timeL’art. 3 della legge n. 46/90, alle lettere b), c) e d), quando fa riferimento a prestazioni lavorative, usa la generica formula “previo periodo di inserimento (…) alle dirette dipendenze (…)”, senza peraltro entrare in merito alla tipologia di contratto lavorativo. Ai fini della legge in questione è da ritenere, pertanto, valido il periodo lavorativo annuale, indipendentemente dal tipo di contratto lavorativo e dal numero di ore giornaliere lavorate.
Periodo di apprendistato svolto da persona in possesso di idoneo titolo di studio Un soggetto in possesso di idoneo titolo di studio o attestato di formazione professionale, che abbia svolto alle dipendenze di un’impresa del settore il solo periodo di apprendistato può ottenere il riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali unicamente nelle ipotesi previste all’art. 3, lett. b) e c) della legge n. 46/90, in quanto il citato articolo esclude la validità dell’apprendistato nell’ipotesi di cui alla lett. d), sempreché l’apprendistato non risulti effettuato contemporaneamente al periodo di studio.
Periodo di lavoro con contratti di formazione-lavoroI contratti di formazione e lavoro si caratterizzano per la circostanza che il lavoratore dipendente, oltre a prestare la propria opera, acquisisce anche una specifica formazione nell’ambito del settore nel quale tale contratto si esplica.Gli obblighi di formazione ai quali è tenuto il datore di lavoro nei confronti del dipendente non possono però ritenersi sostitutivi o assimilabili al requisito indicato alla lettera c) dell’art. 3, della legge n. 46/90, nel quale si parla di titolo o attestato di formazione professionale rilasciato, secondo la vigente normativa in materia di formazione professionale, dai Centri autorizzati della Regione, al quale deve aggiungersi un periodo di inserimento di almeno due anni alle dipendenze di una impresa del settore. Naturalmente il periodo di tempo lavorato con contratto di formazione lavoro vale agli effetti del calcolo del periodo lavorativo utile all’acquisizione dell’esperienza professionale con riferimento alla qualifica di uscita.