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L’installatore in tribunale: il caso dei committenti responsabili

Un sinistro, più colpevoli: progettista, installatore e… committente? Fino a dove può essere coinvolto, in termini di responsabilità il proprietario? Un caso che dimostra quanto risparmiare sulle norme di base può essere controproducente per tutti

Quando l’installatore interviene sull’impianto, la correttezza del suo operato viene a coinvolgere molteplici figure. Si tratta – oltre che del medesimo e dei suoi dipendenti o collaboratori – anche del soggetto committente e (naturalmente) dei terzi che con tale impianto dovranno in futuro interagire. Il ruolo di tali soggetti non è riconducibile semplicemente a quello di controparti commerciali o terzi rilevanti in modo marginale (se non come vittime di eventuali errori), in quanto il sistema giuridico può configurare una serie di responsabilità a cascata di cui non sempre si ha immediata evidenza. E questo in particolare con riferimento al committente, che potrebbe anche essere una persona fisica assolutamente a digiuno di competenza in materia elettrica ma che si ritrova coinvolta in potenziali responsabilità solo per il proprio ruolo.

Il caso dei committenti responsabili

Partiamo dai fatti. Un artigiano si reca presso l’abitazione privata di due coniugi per eseguire una serie di riparazioni. Purtroppo nel corso delle attività il poveretto resta folgorato da una scarica elettrica mentre alzava il braccio del galleggiante sito nella cisterna dell’autoclave. L’impianto risulterà non essere a norma, in particolare realizzato in violazione delle regole di legge segnatamente per la mancanza di messa a terra e di un dispositivo di interruzione automatica del circuito. Nella ricostruzione fattuale l’impianto presenta indubbiamente il carattere delle pericolosità intrinseca. Pertanto i familiari della vittima convengono in giudizio il titolare della ditta che aveva realizzato l’impianto elettrico nell’abitazione, i dipendenti della stessa che fisicamente avevano proceduto all’installazione, nonché i committenti per chiederne la condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito della morte del loro sfortunato congiunto.

Dalle risultanze tecniche emerge che nella serie di attività che causalmente hanno portato al sinistro rileva immediatamente il ruolo dei dipendenti, i quali hanno effettivamente compiuto errori rilevanti tali da comportare autonomamente il verificarsi del tragico evento. In tal senso, anche il datore di lavoro quale titolare dell’impresa si trova ad essere direttamente responsabile per il risarcimento del danno. Ma i coniugi che – incolpevolmente – avevano commissionato l’intervento possono essere anche loro ritenuti civilmente responsabili? In altri termini, il committente che si è fidato della competenza e professionalità dell’installatore, deve essere ritenuto responsabile del danno causato da quest’ultimo nei confronti di terzi?

Da un lato occorre considerare che la posizione dei coniugi non è stata ritenuta rilevante sotto il profilo penale, tanto è vero che nei loro confronti era stata disposta l’archiviazione del relativo procedimento, escludendo qualsivoglia forma di responsabilità penale a carico degli stessi. Inoltre, volendo considerare la diversa valenza attribuita alle deficienze originarie dell’impianto elettrico nei confronti dei committenti da una parte e degli installatori dall’altra, solo alla condotta di questi ultimi si è potuta attribuire la natura di causa efficiente autonoma ed esclusiva nella causazione dell’evento dannoso, non ricorrendo invece la stessa nei confronti dei primi. E tra la consegna dell’impianto e il verificarsi dell’evento dannoso potrebbe anche essere trascorso un tempo tale da escludere per intervenuta prescrizione qualsiasi ricorso ai rimedi previsti in tema di contratto d’appalto (come in questo caso era effettivamente avvenuto). Di conseguenza, i coniugi – committenti si presentano in una mera veste passiva di titolari dell’abitazione ove è stato installato l’impianto elettrico non a norma e si è verificato il fatto: come avrebbero potuto impedirlo, non avendo le competenze per neppure conoscerlo?

Sotto un altro profilo occorre tuttavia considerare che i committenti possono essere considerati quali “custodi” dell’impianto elettrico sito nella propria abitazione.

L’impianto elettrico è considerato cosa in custodia del committente?

Il fatto che il vizio del sistema dipenda da una deficienza in fase di costruzione non esclude la responsabilità del custode. Se infatti la vicenda deve essere valutata solo alla luce della normativa in tema di responsabilità del custode in caso di difetto di costruzione della cosa custodita, si nota come la giurisprudenza in tema di pericolosità della cosa per vizio di costruzione appaia consolidata nel senso che il proprietario-custode di un bene immobile è responsabile per i danni cagionati dal bene. E questo anche se le caratteristiche dannose in realtà siano state create da altri (in questo caso, l’installatore) poiché è comunque il custode colui che mantiene nella cosa le caratteristiche medesime, pur essendo obbligato ad eliminarle in base al principio del neminem laedere.

Caso risolto

Da quanto sopra descritto consegue che si deve affermare la responsabilità dei proprietari-custodi, la quale non può essere di per se stessa esclusa dalla mera presenza di difetti dell’impianto elettrico originari e strutturali in assenza dei quali si sarebbe potuta evitare la folgorazione della vittima. Occorre poi rilevare che l’intervenuta archiviazione del procedimento penale non rileva ai fini civilistici, posto che i presupposti della responsabilità penale e quelli della responsabilità civile ex art. 2051 cod. civ. non sono omogenei.
Il proprietario/conduttore di un immobile è responsabile a titolo di custodia per i danni cagionati dal relativo impianto, anche se il danno stesso è derivato da caratteristiche create da altri soggetti.