
Partiamo con il nostro impianto: ecco i primi passi per configurare tutti i dispositivi KNX e farli correttamente interagire tra loro. Battezziamo e diamo un nome a tutti i sistemi connessi
Riprendiamo il nostro “viaggio” nel mondo dello Standard Mondiale per l’automazione degli edifici KNX.
Fino ad oggi abbiamo fatto un excursus sulla storia di questo protocollo e introdotto quelli che sono le “famiglie” di dispositivi (hardware e software) a cui faremo riferimento ora che cominceremo ad introdurre gli aspetti più tecnici e funzionali del sistema. Lo Standard KNX è un protocollo di comunicazione dedicato all’automazione degli edifici, ma è sempre e comunque un “generico” sistema di comunicazione e quindi, come tale, si è strutturato e regolato con le regole e le basi di comunicazione di tutti i sistemi di comunicazione, al di là dello scopo finale. Per questo motivo, senza entrare in troppi tecnicismi, quando è stato sviluppo lo standard, sono state fatte alcune precise scelte tecniche e tecnologiche, tra cui:
- Velocità di trasmissione: a seconda del mezzo trasmissivo utilizzato sono state fissate le caratteristiche di trasmissione, ma se ci basiamo sul mezzo trasmissivo KNX più utilizzato, ovvero il doppino twistato TP1, la velocità di trasmissione è fissata in 9.600 bit/s;
- Telegramma: anche per il pacchetto di dati trasmesso, è stato standardizzato il formato su cui esso si basa a seconda del mezzo trasmissivo utilizzato;
- Indirizzo Fisico: derivante dalla “topologia” che a breve analizzeremo, è il parametro che, in diverse forme e formati, permette in tutti i sistemi di comunicazione attuali di individuare in maniera univoca ogni “attore” del sistema, in questo caso i dispositivi KNX presenti nell’impianto;
- Indirizzo di gruppo: lo analizzeremo nei prossimi numeri, intanto anticipiamo che quest’ultimo è il parametro con cui lo standard KNX identifica il significato della “funzione domotica” da realizzare e che ne permette, insieme ad altre caratteristiche di trasmissione, la flessibilità che distingue lo standard KNX.
Indirizzamento fisico
Si diceva che l’indirizzamento fisico è il parametro che permette di individuare in maniera univoca i dispositivi presenti nel nostro impianto KNX, ebbene, la sua definizione deriva dalla struttura topologica (figura 1) che rappresenta la massima definizione strutturale di un sistema KNX. Proprio da questa struttura, suddivisa in Aree (massimo 15), Linee (massimo 15) e Dispositivi (massimo 64), deriva quindi la sintassi con cui si definisce questo parametro.
Indirizzo Fisico: Area.Linea.Dispositivo (ad esempio: 3.6.35)
L’esempio, indica l’indirizzo fisico del dispositivo KNX 35 che si trova nella linea numero 6 dell’area 3 della topologia. Apro una piccola parentesi, questo modo di “nominare” i dispositivi non vi ricorda nulla? Un piccolo indizio, quando ci “connettiamo” a una rete dati LAN/WiFi, come è strutturato il codice che identifica il nostro dispositivo all’interno della rete? Pensateci e vedrete che troverete la somiglianza. Tornando alla topologia in Figura 1, oltre al concetto di indirizzo fisico, faccio notare che, proprio come per le reti dati, c’è un’altra “somiglianza” importante che è possibile notare, ovvero che, oltre i semplici dispositivi, sono presenti dei dispositivi denominati in figura BC e LC che altro non sono che i dispositivi che hanno il compito di “accoppiare” e mettere in comunicazione le varie Aree e Linee della topologia e, proprio come per le reti dati, rappresentano dei veri router del sistema, ovvero permettono di realizzare una regolamentazione del traffico dati. Questo aspetto è quanto mai importante, specie nella realizzazione di impianti di dimensioni medio-grandi, in cui il traffico dati generato può essere elevato e compromettere il corretto funzionamento del sistema se non ben gestito. In sintesi, e per semplificare al massimo il concetto, l’indirizzo fisico di un dispositivo rappresenta, nel nostro impianto il suo nome e questo dovrà essere tassativamente unico nell’impianto.

Figura 1. Un esempio di topologia di un impianto; al suo interno la suddivisione in aree, linee e dispositivi connessi
In fase di progettazione
Quando stiamo realizzando la progettazione del nostro impianto KNX, e quindi stiamo realizzando, per esempio, disegni planimetrici, schemi unifilari e di collegamento, sarebbe bene già cominciare a definire una logica di assegnazione dei dispositivi KNX presenti sull’impianto, riportandoli come parametro nei simboli presenti sugli schemi. Questo sarà utile sia per rendere più chiaro possibile lo schema a chi legge, sia per identificare univocamente ogni dispositivo permettendo di non “confonderli”, ed inoltre consentirà di cominciare ad avere un’idea della struttura topologica che andremo quindi a realizzare e programmare sul ETS (tool di programmazione dello standard KNX).
Il “battesimo” dei dispositivi
Collegandosi al punto precedente, durante la fase di realizzazione di un impianto KNX, successivamente alla progettazione e quindi alla stesura della lista materiale, arriva il giorno in cui il materiale giungerà nel nostro laboratorio. Ecco, è buona prassi, non obbligatorio ma sicuramente aiuta, “battezzare” i dispositivi prima di inviarli o portarli in cantiere per la loro installazione. Questa fase prevede semplicemente che, attraverso il tool di programmazione ETS e dell’hardware minimo, ovvero un alimentatore KNX, pochi cm di cavo BUS, connettori e un’interfaccia di collegamento al bus KNX (solitamente USB e/o IP), si imprima su ogni dispositivo, uno ad uno, il proprio nome, effettuando la procedura di scaricamento dell’indirizzo fisico. Questo, se volete e per praticità, comporterà anche che con un pennarello o un’etichetta sia segnalato su ogni dispositivo il nome di riferimento. A questo punto, se ci trovassimo nel bel mezzo di una realizzazione, avremmo terminato la prima fase, ovvero avremmo progettato e assegnato a ogni dispositivo il proprio indirizzo fisico e saremmo pronti quindi a cominciare la fase di “programmazione” e realizzazione delle funzionalità del nostro sistema, andando quindi a parametrizzare correttamente i singoli dispositivi, creando quei legami “virtuali” che distinguono appunto un impianto di automazione, a logica programmabile, da un impianto tradizionale, a logica cablata. Teniamo in conto che a seguito di questo primo step, in realtà cominciano 2 fasi distinte, ovvero quella di programmazione, come abbiamo detto, ma anche quella di installazione. Se le due fasi sono realizzate da persone o società diverse, è quanto mai importante che ciò che è stato previsto e schematizzato nella fase di progettazione sia rispettato in entrambe le fasi, altrimenti il rischio di commettere errori sarà inevitabile.
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Figura 2. È buona prassi “battezzare” i dispositivi prima portarli in cantiere, sia dal punto di vista software sia graficamente con un’etichetta o con una semplice scritta
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